Dolore pelvico cronico / nevralgia del pudendo / vulvodinia

E’ un dolore localizzato a livello delle strutture contenute nella pelvi che perdura da almeno 6 mesi, con interconnessioni della sfera emotiva, cognitiva e comportamentale. Per dolore si riferisce ad una manifestazione di bruciore o puntura che comprime ed impedisce il tatto e movimenti al basso ventre. Il dolore pelvico cronico è molto invalidante ed agisce negativamente sulla sfera psicologica, emotiva e relazionale non solo del paziente, ma anche dei familiari e amici che lo attorniano: scopo del trattamento dovrebbe essere un miglioramento della sintomatologia che consenta di acquisire autonomia nelle attività quotidiane. L’approccio ai pazienti è complesso per diversi motivi tra cui il riferimento a problemi inerenti a zone collegate alla sfera dell’intimità e della sessualità. In questo caso spesso avviene un cattivo atteggiamento del coniuge che non comprende il momento che vive chi manifesta questi disturbi. Non sono semplici atteggiamenti di rinuncia ad attività sessuali, ma veri e propri tormenti che possono anche instaurare turbe psichiche e depressione. Il paziente cerca e sceglie lo specialista che ritiene il più indicato a risolvere il problema: si accorge, allora, della molteplicità degli apparati di cui è costituita la zona pelvica (utero, ovaie, vescica, prostata, muscoli ecc.), ciascuno di competenza di uno specialista per cui ne interpella molti ed esegue molte terapie, spesso senza risultati. Specialisti coinvolti: il ginecologo, il proctologo, l’urologo, il neurologo, il fisiatra, il terapista del dolore, il gastroenterologo, lo psicologo, il sessuologo. L’esame clinico e gli esami strumentali non sono conclusivi, ma devono escludere malattie evolutive degenerative o neoplastiche. Il paziente giunge alla diagnosi dopo 2-4 anni.

Uno stimolo doloroso reiterato e prolungato a carico di una o più strutture della pelvi può indurre delle modificazioni a carico del sistema nervoso periferico e a livello del midollo spinale. Tali modificazioni non sono solo inerenti al funzionamento delle strutture deputate alla trasmissione degli stimoli sensoriali e dolorifici ma sono stati evidenziati delle variazioni delle connessioni neuronali. Per   connessioni neuronali si intende una alterazione alle vie di trasmissione del segnale dolore per cui il paziente non è più in grado di capire e comprendere l’esatta intensità del dolore, causando spossatezza e instabilità umorale: da qui l’inizio della fase depressiva,  che conducono al perpetuarsi della sensazione dolorosa (anche quando la causa originaria sia ormai svanita). L’anomala trasmissione dei segnali sensoriali periferici e l’anomala elaborazione a livello centrale si uniscono alla elaborazione corticale del dolore che fornisce una connotazione emozionale della sensazione dolorosa stessa. Questa catena di “anomalie” conduce ad un mal funzionamento del sistema di trasmissione, percezione ed interpretazione del dolore che spiega l’aspetto proteiforme del dolore pelvico cronico. Infatti frequentemente la sintomatologia riferita dal paziente si estrinseca in una zona pelvica diversa da quella che ha originato il dolore stesso, oppure il paziente percepisce come dolorosi stimoli assolutamente neutri o percepisce come lancinanti stimoli lievi (iperalgesia). Il paziente riferisce un dolore senza causa organica evidente per cui si parla di sindrome da dolore pelvico cronico.

Tutto ciò comporta uno stato di confusione tale che il paziente si sente abbandonato e sfiduciato verso qualsiasi terapia: si vede in un tunnel senza via di uscita. -Occorre intervenire nella maniera più mirata possibile, ripristinando le zone dove il paziente riferisce maggior dolore. Oggi siamo in grado di eseguire terapie non invasive che tendono alla risoluzione del problema all’origine: ripristinando le vie enzimatiche, arriviamo alla causa del problema.

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